La "camminata dell'attenzione"
mi ha salvato la vita, nella mia prima esperienza a piedi nel deserto marocchino.
Sono
partita sei anni fa, senza sapere con chi andavo, né dove andavo.
Sapevo solo
che la signorina dall'altra parte del filo mi diceva che c'era ancora un solo
posto disponibile. Era un trekking nel deserto marocchino. Avevo poco più di un
mese prima della partenza e dovevo prepararmi. Non avevo mai fatto un trekking
di 7 giorni, soprattutto in un ambiente così particolare. Preparo la valigia con
molta cura, scarponcini leggeri ma alti alla caviglia, sacco a pelo di piumino
prestato da mia sorella, pacco di rimedi omeopatici, Arnica per i traumi fisici
e psichici, Belladonna per i colpi di sole, Apis per punture di insetti,
China
per dissenteria, Nux Vomica per mal di stomaco e per stitichezza,
sali del Mar
Morto per ogni altra evenienza, cerotti di vario tipo, creme protettive per il sole, collirio etc.
Il
giorno della partenza sono molto emozionata, si parte da Malpensa.
Arrivo in
aeroporto e qualcuno mi chiede se posso portare in aggiunta al mio bagaglio una
borsa con delle scarpe per i bambini delle Casbah. Dico subito di si, ma quando
arrivo al Check In mi rendo conto che la confusione è totale. Guardo la mia
valigia partire sul nastro trasportatore, cerco di farle il solito cerchio
d'oro, che uso come protezione, ma non ci riesco, ho come la sensazione che non
la rivedrò mai più.
Arriviamo all'Aeroporto di Ouarzazate (aeroporto del deserto) e mancano alcune valigie del gruppo, compresa la
mia. A quel tempo c'era un solo volo al giorno in arrivo da Casablanca, quindi
bisognava aspettare la sera dopo a mezzanotte per recuperare le valigie non
arrivate. Ma io dico alla guida che la mia non sarebbe mai arrivata e quindi gli
chiedo di accompagnarmi in un bazar a Zagora per comprare alcune cose
essenziali.
E lì comincia il vero viaggio....
Tutti
i compagni di viaggio mi dicono che sono pazza ad affrontare un trekking nel
deserto di 7 giorni con le cose che porto addosso. Ma io sono tranquilla, so
che lo devo fare, e che l'Universo mi aiuterà. E come per incanto tutto quello
di cui ho bisogno arriva. Nel bazar delle donne marocchine trovo dei mutandoni
di cotone, delle magliette a maniche lunghe di un ottimo cotone, un grosso pile
per la notte, una tuta per dormire,
dei calzetti. Ma niente scarponi, nè sacco
a pelo.
La
giornata di trekking inizia con la
scalata di una piccola catena montuosa ed io cammino con le mie scarpette della
Geox. I miei compagni di viaggio pensano che non posso resistere a lungo e che alla fine sarei salita sul dromedario.
Ma come per incanto la nostra accompagnatrice mi
da un paio di vecchie Clark, proprio del mio numero. Sono stata l'unica a non
avere problemi ai piedi.
Dopo alcune ore di camminata la fatica si fa sentire. Non ho alcuna esperienza di trekking, il terreno è accidentato, il vento contrario. Allora mi ricordo che un giorno, molti anni prima nella giungla di Tikal avevo affrontato una marcia all'interno della giungla in mezzo ai serpenti più velenosi della terra. Fin da bambina ho sempre avuto la "fobia" dei serpenti anche quelli piccoli. In quella occasione eravamo un gruppo di 15 persone e la nostra guida ci apriva il passaggio con il macete. Lì ho sperimentato per la prima volta
la "Camminata dell'attenzione",
e dopo solo un paio d'ore camminavo libera da ogni paura.
Quindi nel deserto ho cominciato a seguire la nostra guida, un ragazzone alto e grosso, e ho cercato di seguire il suo passo, il suo ritmo e il suo respiro.
Arrivati al campo dopo 8 ore di camminata,
ero in assoluto la persona meno stanca del gruppo.
Poi
la sera , la temperatura scende vicino allo zero, dormire in tenda con solo le
coperte dei dromedari è molto scomodo e rischio di avere freddo.
Dopo cena
attorno al fuoco, arriva un signore Berbero, barbuto, che mi da
il suo sacco a
pelo. Un vecchio sacco a pelo militare, che va benissimo.
Allora
lì ho capito che non serve nulla. E' bastata la mia borsa di plastica da due euro, con dentro le cose
essenziali, per fare il mio primo trekking nel deserto.
Tutto quello che era rimasto nella valigia dispersa non mi sarebbe servito.
Una
grande lezione per me che vivo nella società del superfluo!
Il
deserto ci porta all'essenziale, ci fa vivere gli antichi valori, ci insegna ad affidarci e a
ritrovare il nostro vero sé.
Al
ritorno in Italia, ero talmente felice che la gente si fermava per la strada
per guardarmi. Come dicevano i miei amici
"camminavo a un metro da
terra".
Ed
è stato allora che ho avuto l'ispirazione di creare un'associazione che si
chiama
Un passo dopo l'altro.
Ogni anno, da tre anni, andiamo a camminare in modo
responsabile nel deserto, per ritrovare noi stessi, i veri valori della vita e
la gioia nel cuore.
I nostri non sono dei veri trekking, camminiamo sole poche
ore al giorno, ma godiamo al massimo di tutti i benefici che il deserto ci può
dare,
in un percorso interiore oltre che esteriore.
Anche
quest'anno a Capodanno saremo là, sempre nello stesso posto,
nella Valle del Draa,
fra i palmeti, le dune, gli alberi di tamerici,
e i lunghi silenzi e i grandi
spazi. E negli ultimi due giorni vivremo la magia di Marrakech.
Un viaggio pensato per godere dei forti contrasti del Marocco, dalle strade brulicanti di vita e di colori, al silenzio del deserto, dormire in una tenda berbera, vivere con i dromedari, e gli uomini del deserto, alla vita piena di colori e di suoni di Marrakech, con i suoi Suq (mercati).
Se venite con me, c'è ancora qualche posto,
telefonatemi
Graziella